Lavori Recenti
Missioni automatiche di nuova generazione
Automatiche, anche in aree remote, senza la necessità di un pilota sul posto, controllando il tutto dall’ufficio o da casa. Ebbene si!
Con l’avvento della Dock 2 e dei droni serie Matrice 3D della DJI, la possibilità di effettuare un reale controllo da remoto di un’area, un cantiere, un sito industriale o altro è diventata più reale.
La Dock1 non ha avuto il consenso che ci si aspettava perché troppo pesante ed impegnativa da gestire.
Il nuovo sistema può essere movimentato e istallato con maggiore facilità essendo più piccolo e più leggero del precedente.
La cosa stupefacente è che, una volta istallata la dock, l’utente può avviare le missioni di volo da remoto (anche dal proprio ufficio posto a centinaia di km di distanza), siano esse missioni pre-programmate che missioni “live”.
Dallo schermo del PC è possibile vedere in diretta le immagini dal drone e trasferire tutti i dati necessari.
Si può lanciare una missione di rilievo fotogrammetrico, di ispezione visiva, di indagine termografica, etc.
Il drone atterra automaticamente, si ricarica nella dock e trasferisce i dati e, dopo pochi minuti, può ripartire di nuovo; il tutto anche in condizioni di pioggia.
Cosa serve per poterlo implementare? E cosa possiamo fare noi di Air Abruzzo?
- Noi possiamo fare la fornitura ed anche l’assistenza, grazie alle partnership DJI.
- Possiamo fornire il sistema completo, compreso il terminatore di volo, obbligatorio in Italia (ma non fornito da DJI).
- Possiamo aiutare il cliente ad ottenere l’autorizzazione ENAC (obbligatoria in Italia);
- possiamo fornire la formazione per ottenere l’attestato di pilota BVLOS (anch’esso obbligatorio);
- Possiamo erogare il training necessario per iniziare ad utilizzare il sistema proficuamente.
Pur essendo un sistema innovativo, presente sul mercato da poco tempo, in questo periodo stiamo già lavorando per istallare 3 Dock2 per altrettanti clienti italiani.
Per informazioni: info@airabruzzo.com
Ordigni bellici, mappatura con drone
Rilevamento di ordigni bellici inesplosi nel sottosuolo, un adempimento obbligatorio per qualsiasi progetto che preveda uno scavo.
In questo lavoro, svolto nel sud Italia, il drone ha dato davvero una grossa mano: 150 ha di terreno scandagliati in tre giorni, un record!
Con altri sistemi di indagine sarebbero state necessarie 2 o 3 settimane.
Il tutto in sicurezza ed ergonomia.
Leggi come funziona questa tecnologia
Drone e magnetometro in archeologia
Questa volta la tecnologia combinata drone – magnetometro è stata utilizzata non per l’indagine sulla presenza nel sottosuolo di ordigni bellici inesplosi, ma per uno scopo diverso, di tipo archeologico. L’indagine, infatti, ha avuto luogo su un sito oggetto di scavi archeologici, ove sono già stati individuate aree con presenza di reperti antichi.
L’indagine magnetometrica con drone si è aggiunta ad una serie di indagini strumentali già condotte con altri sistemi e modalità, al fine di arricchire la mole di informazioni già acquisite e supportare correttamente le scelte da fare per il proseguimento dei lavori.
Il grande caldo di questi giorni ha costretto la squadra ad iniziare il lavoro prima dell’alba, per preservare le batterie LiPo da sicuri surriscaldamenti.
Grazie alla versatilità della metodica messa a punto nel corso degli ultimi anni, l’intera area oggetto di studio è stata rilevata in poche ore, e prima che le temperature salissero pericolosamente, il lavoro è stato portato a termina, sebbene l’area fosse abbastanza estesa e con una orografia non perfettamente regolare.
La presenza sul campo di un elettrodotto di alcune zone con vegetazione alta ha lievemente rallentato la progressione del lavoro, ma l’utilizzo di tecnologie evolute e l’esecuzione di voli “manuali” ha consentito di risolvere la situazione brillantemente.
Rilievo di frane
Una vallata stretta, inaccessibile, scavata da un fiume di montagna, con una folta vegetazione sulle sponde.
Un cantiere per la sistemazione della strada esistente che è stata interrotta da una frana sulla scarpata in roccia.
Occorre disegnare le sezioni delle scarpate, possibilmente senza considerare la vegetazione.
Il rilievo è stato, quindi, eseguito con LIDAR per cercare di indagare il profilo del terreno sebbene questo fosse coperto in buona parte da alberi ed arbusti.
Si è optato per un Drone dotato di correzione della posizione in tempo reale (RTK), non potendo utilizzare un rilievo di appoggio.
Stante la sezione stretta e profonda della valle, la scansione LIDAR è stata condotta in due tempi, indirizzando il raggio laser su un versante per volta, con una inquadratura inclinata di circa 45 gradi.
Alla fine, quindi, sono state ottenute due nuvole, ed è stato necessario unirle.
Nelle due foto seguenti è possibile vedere la nuvola di punti ottenuta in due modalità di visualizzazione: la prima con i colori reali, la seconda con colori alterati (rosso e blu) in modo da poter distinguere le due scansioni e verificare la precisione dell’allineamento delle due nuvole.
Per ottenere i profili del terreno è stato utilizzato un software che esegue questa funzione automaticamente. Tuttavia, stante l’eccesso di vegetazione presente, il lavoro automatico non è stato sufficiente, e si è dovuto intervenire manualmente in parte delle sezioni.
Nelle due foto seguenti si può vedere una sezione prima del lavoro di “ripulitura” dalla vegetazione ed un’altra ottenuta escludendo la vegetazione e mantenendo differenti colorazioni.
Il processo è stato ripetuto per tutte le sezioni richieste.
Tali sezioni denotano anche un perfetto allineamento delle due nuvole ottenute in successione (cosa tutt’altro che scontata).
Droni e ciclabili
Prima di diventare una pista ciclabile quello in questione era un tracciato ferroviario, oggi abbandonato.
Per ridare vita ad un’opera in abbandono è stato predisposto un progetto di conversione del tracciato in pista ciclo-pedonale, con marciapiedi e rampe di accesso.
Inoltre, con l’occasione si è prevista la posa in opera di sottoservizi (cavi elettrici, fibra ottica e tubazioni).
Tutto ciò richiedeva degli scavi lungo il tragitto, seppure di lieve profondità, e quindi è scattato l’obbligo di valutazione del rischio per la presenza nel sottosuolo di ordigni bellici inesplosi.
Dopo aver svolto una attività di raccolta di informazioni disponibili circa l’area in oggetto, il committente, al fine di supportare la propria valutazione dei rischi, ha deciso di affiancare a tale attività una indagine strumentale.
L’eterogeneità dell’area di cantiere e la sua lunghezza (circa 6 km) hanno suggerito l’adozione del metodo innovativo con drone, che garantiva la copertura di tutte le aree, anche quelle difficilmente praticabili, in tempi brevi.
In effetti, l’indagine è stata relativamente veloce, e già a fine mattina tutta l’area è stata coperta, senza problemi e senza rischi.
A seguito della elaborazione dei dati, sono stati prodotti dei diagrammi delle anomalie per ogni tratto del percorso.
Nei giorni immediatamente successivi è stata fornita al committente una dettagliata relazione tecnica, contenente i diagrammi delle anomalie georeferenziati, sovrapposti precisamente alla planimetria di cantiere e le relative deduzioni.
Per approfondire l’argomento, invitiamo a leggere anche questo articolo.
DEM e discariche
Il DEM è utilissimo come supporto alla gestione operativa e post-operativa di una discarica (ma anche alla coltivazione di una cava, al monitoraggio dei lavori in un cantiere, alla sorveglianza di una zona soggetta a frana, etc.).
Ma cos’è un DEM? E’ l’acronimo di “digital elevation model”, ovvero un modello digitale georeferenziato del sito; una copia virtuale 2,5D della superficie.
Si, proprio così, 2,5D.
E’ una immagine bidimensionale che porta informazioni anche sulla terza dimensione. I pixel che formano l’immagine planimetrica contengono anche l’informazione dell’altezza. Quindi pur non essendo un oggetto tridimensionale, non è neanche puramente bidimensionale. Una via di mezzo insomma.
L’informazione dell’altezza viene di solito tradotta graficamente in un colore, secondo una data scala colorimetrica, in modo da apprezzare visivamente l’andamento altimetrico.
Figlie del DEM sono le curve di livello, che uniscono i punti di pari altezza.
Anche le mappe delle pendenze sono figlie del DEM, contenendo esso sia le informazioni planimetriche georeferenziate che quelle altimetriche.
Ma la cosa più interessante è il confronto di più DEM dello stesso sito derivanti da dati rilevati in momenti diversi.
Da tale confronto è possibile monitorare le evoluzioni, valutare le subsidenze, i livelli di riempimento, l’andamento dei lavori, etc. e anche calcolare i volumi di abbancamento o di compattazione, di scavo o di riporto.
Fondamentale quindi ai fini del monitoraggio ambientale (D.Lgs. 36/03), ma anche per l’ottimizzazione degli abbancamenti, per la stima e la previsione di eventuali recuperi di volumetrie, per la gestione della viabilità, etc.
Di più: è possibile riportare graficamente l’entità delle variazioni, cioè creare una mappa che evidenzi dove c’è stato un innalzamento o un abbassamento del profilo e di quale entità. In tal modo, basta un’occhiata per capire cosa sta succedendo e dove (e come) bisogna intervenire.