Il trattore con le eliche

I campi di applicazioni dei droni, lo dicono tutti, lo abbiamo detto anche noi, sono innumerevoli.

In effetti approfondendo la conoscenza di queste magnifiche macchine, ne scopriamo ogni giorno di nuovi, sia in termini di nuovi lavori che è possibile effettuare che di nuovi modi di svolgere lavori noti.

Solo che, sulla scorta dell’eccessivo successo mediatico dei droni, spesso ci dimentichiamo di verificare la concreta applicabilità e la reale utilità di queste applicazioni.

Noi di Air Abruzzo, ad esempio, abbiamo cercato per un anno di reperire risultati ed informazioni circa le applicazioni dei droni in agricoltura, senza aver trovato nulla o quasi. Tutti ne parlavano in termini entusiastici ma nessuno aveva dei risultati concreti da mostrare. Nessuno aveva testato realmente in campo l’utilità dei droni in questo settore, anche se molti vantavano diverse sperimentazioni.

Ma non ci aspettavamo da queste tecnologie migliaia di posti di lavoro? Il “drone contadino” non doveva essere la rivoluzione del settore? Non doveva essere la scintilla necessaria a fare esplodere finalmente in Italia il “precision farming (agricoltura di precisione)?

Recentemente alcune facoltà universitarie hanno reso noti i risultati delle prime sperimentazioni, per lo più orientate alla creazione di mappe di vigore e di valutazione del NDVI, risultati che dimostrano però quanto ancora ci sia molto da fare per parlare di reale e concreta utilità.

Nuovi software promettono di creare “mappe di umidità” del campo o di “contare” automaticamente gli alberi di un frutteto o di monitorare la presenza di erbe infestanti, ma siamo ancora alle prime fasi di sviluppo.

Alcuni droni sono ormai attrezzati per lo spargimento di prodotti (diserbanti, insetticidi, capsule con agenti biologici, etc.) anche se ancora in fase sperimentale. E poi le aziende agricole italiane mediamente sono caratterizzate da taglia medio-piccola, budget limitati, poca propensione alla sperimentazione ed un tessuto produttivo molto eterogeneo.

Insomma ci è venuto il sospetto, che è quasi una certezza, che si sia esagerato! Si è esagerato per vendere le macchine, si è esagerato per vendere riviste, si è esagerato per avere seguito, per creare interesse, si è esagerato anche per una sincera ingenuità condita da entusiasmo verso le nuove tecnologie.

Ma noi siamo comunque convinti che il bello debba arrivare. Quello che è stato strillato ai quattro venti non è ancora successo, ammettiamolo, ma succederà. Succederà pian piano, con il lavoro serio di operatori SAPR, Università, spin-off, ricercatori, produttori e rivenditori, etc. Succederà con “numeri” di gran lunga inferiori a quelli enunciati. Succederà applicando ai progetti un rigore scientifico, con buona pace dei media generalisti.

Per ora però si continua a strillare.

Dopo aver scritto sulle assicurazioni (https://www.airabruzzo.com/ma-droni-sono-assicurati/), che sono obbligatorie per i droni, e sul regime sanzionatorio (https://www.airabruzzo.com/chi-puo-multare-droni/), continuiamo a dire la nostra con un approccio critico ma costruttivo, mettendo in chiaro alcuni concetti.

Molte aziende produttrici di SAPR, ad esempio, decantano le doti delle loro macchine in termini di autonomia (40 minuti dicono alcune!), di superfici gestite con un unico volo (50 ettari dicono altre!), tutte doti necessarie a rendere economicamente sostenibili tali applicazioni. Allo stesso tempo tali aziende non mancano di ricordare che in Italia esiste una regolamentazione, e che i loro sistemi consentono di operare nel rispetto della stessa.

La stessa cosa capitava quando l’argomento “di moda” era quello della aero-fotogrammetria.

A beneficio dei più occorre segnalare che il Regolamento ENAC attualmente in vigore (http://www.enac.gov.it/La_Normativa/Normativa_Enac/Regolamenti/Regolamenti_ad_hoc/info-122671512.html) non consente di spingere il drone a più di 200 metri dal pilota, salvo che non venga rilasciata una specifica autorizzazione (operazioni critiche – non vincolate) che ad oggi nessuno in Italia può vantare. Nessuno.

E quindi? Quindi oggi tali doti di autonomia semplicemente non possono essere sfruttate. Forse domani si, forse.

E che dire dell’equazione: zona agricola = area non critica? Non è sempre così.

Ad esempio a volte le aree agricole sono poste a distanza inferiore a 8 km da un aeroporto, oppure sono attraversate da ferrovie o autostrade. Tutti casi che determinano un’operazione critica.

Il Regolamento è un limite, ma anche uno strumento. Bisogna farsene una ragione e lavorare su queste basi.

In conclusione la forbice tra le limitazioni normative e l’ambito di convenienza di dati satellitari è parecchio stretta, così come l’ambito di applicazione utile per i droni. Tuttavia si tratta di una tecnologia nuova, che deve ancora mostrare tutte le sue potenzialità, anche in considerazione della contestuale evoluzione della sensoristica a corredo e dei software.

Non rimane che auspicare una razionalizzazione della normativa vigente, peraltro annunciata più volte anche da ENAC stesso, in modo da allargare un po’ quella forbice.

Un po’ più di pragmatismo da parte dei media poi non guasterebbe….

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